"Non importa quello che stai guardando, ma quello che riesci a vedere"
Henry David Thoreau.
I verbi guardare e vedere apparentemente sembrano trasmettere lo stesso significato. In realtà guardare una persona significa poggiare distrattamente l'occhio su di lei, senza andare oltre all'apparenza; l'atto di vederla porta ad interiorizzare la sua esistenza, voler cogliere il significato del suo sguardo e dei sentimenti che questo lascia trapelare, in definitiva, creare un rapporto, magari breve, ma reale. Esistono, parallelamente, due modi di rappresentare la realtà: con immagini stereotipate e prevedibili, tanto da sembrare costruite a tavolino o carpite da un drone, da un freddo strumento, senza cuore e cervello, e, al contrario, con fotogrammi scaturiti da un punto di vista, nato dalla testimonianza autentica ed empatica, e dalla condivisione. Attraverso queste è, quindi, possibile vedere e non solo guardare, le immagini di una città deserta, e quel vuoto spettrale non è solo fisico, ma è un vuoto di sguardi e di incontri mancati.
Vedi bare accanto a cui non c'è nessuno, e senti l'angoscia di chi non ha potuto dare l'ultimo saluto, campi da gioco dei bambini vuoti di risate e di corse, privi di sorrisi. Ci sono persone che vedono, che sono presenti: angeli silenziosi nelle corsie degli ospedali, a soccorrere i malati, altri che scelgono di vedere e aiutare gli ultimi catturando e creando una memoria.
Certo per comprendere qualcosa di questa tragedia di fronte agli occhi ci devono essere poste immagini desolanti, di negozi vuoti, di vite in sospeso, ma non basta; non saranno mai così drammatiche come quelle dei poveri, dei vinti. In quelle c'è il valore testimoniale di chi ha scelto di esserci, di camminare per le strade, di documentare il reale. Uno spaccato di vita autentica, che pone anche l'autore di questi fotogrammi dalla parte degli esclusi. Raffigurando la vera sofferenza ha cercato, in qualche modo, di riscattarla, perché essa esiste, nella società dell'immagine, solo se si fa essa stessa immagine.
Michela Ceccon e Simona Casazza
[Il lavoro è stato fatto su assegnato dal Comune di Firenze per tutto il periodo del lockdown a Firenze nei mesi di Marzo e Aprile 2020]
Henry David Thoreau.
I verbi guardare e vedere apparentemente sembrano trasmettere lo stesso significato. In realtà guardare una persona significa poggiare distrattamente l'occhio su di lei, senza andare oltre all'apparenza; l'atto di vederla porta ad interiorizzare la sua esistenza, voler cogliere il significato del suo sguardo e dei sentimenti che questo lascia trapelare, in definitiva, creare un rapporto, magari breve, ma reale. Esistono, parallelamente, due modi di rappresentare la realtà: con immagini stereotipate e prevedibili, tanto da sembrare costruite a tavolino o carpite da un drone, da un freddo strumento, senza cuore e cervello, e, al contrario, con fotogrammi scaturiti da un punto di vista, nato dalla testimonianza autentica ed empatica, e dalla condivisione. Attraverso queste è, quindi, possibile vedere e non solo guardare, le immagini di una città deserta, e quel vuoto spettrale non è solo fisico, ma è un vuoto di sguardi e di incontri mancati.
Vedi bare accanto a cui non c'è nessuno, e senti l'angoscia di chi non ha potuto dare l'ultimo saluto, campi da gioco dei bambini vuoti di risate e di corse, privi di sorrisi. Ci sono persone che vedono, che sono presenti: angeli silenziosi nelle corsie degli ospedali, a soccorrere i malati, altri che scelgono di vedere e aiutare gli ultimi catturando e creando una memoria.
Certo per comprendere qualcosa di questa tragedia di fronte agli occhi ci devono essere poste immagini desolanti, di negozi vuoti, di vite in sospeso, ma non basta; non saranno mai così drammatiche come quelle dei poveri, dei vinti. In quelle c'è il valore testimoniale di chi ha scelto di esserci, di camminare per le strade, di documentare il reale. Uno spaccato di vita autentica, che pone anche l'autore di questi fotogrammi dalla parte degli esclusi. Raffigurando la vera sofferenza ha cercato, in qualche modo, di riscattarla, perché essa esiste, nella società dell'immagine, solo se si fa essa stessa immagine.
Michela Ceccon e Simona Casazza
[Il lavoro è stato fatto su assegnato dal Comune di Firenze per tutto il periodo del lockdown a Firenze nei mesi di Marzo e Aprile 2020]